giovedì 11 dicembre 2014

La luce dell'ombra

La luce dell'ombra




E' nato il mio libro ...sono felice.

Una singolare silloge di poesie in chiave filosofica e mitologica, in cui, i quattro elementi naturali del cosmo sfociano nel cuore della quintessenza stessa delle cose. Come nell'antica favola di "Amore e Psiche", l'anima innamorata dell'amore, varca il buio e scopre la luce dell'eros. Anima poetica e verso amoroso si colmano a vicenda in una metafisica essenza di scrittura plasmata dalle arti, da quel "sentimiento nuevo" capace di invade fisicamente lo spirito sino all'organo maggiore.

Informazione del libro



http://ilmiolibro.kataweb.it/lamiapagina.asp?sez=mieilibri


mercoledì 9 luglio 2014

*Le parole di una rosa* -- ( shot tale n° -1 )



Con una rosa dimmi che mi vuoi, 
posala quando vai, 
spine e profumo la sosterranno sul mio seno lucido. 
Tutto si nasconde con la presenza di una rosa,
incombenze inutili e discussioni decentrate,
giorni dai silenzi profondi come gole pantagrueliche
scavate dall'eterno.
Con una rosa lasciami il tuo messaggio della sera,
pensami nuda con la veste che intravede ancora le parole acide, 

quelle di getto, ricordi? quelle scaraventate in viso.
Pensami per te solo, perchè eppur credo che
questa parvenza del tuo egotismo pagano, 

tra le pieghe del mio capo ferito, 
abbia ancora un tempo da scrivere per noi.

Immagine dal web 



Matilde Marcuzzo ©

giovedì 19 giugno 2014

Spazio alla terra

Commossa, 
in visioni che presero la mia mente
come pennellate di vento 
e han sparso lontano il sapore delle lacrime;
poi di nuovo qui,
riportate al mio pianto,
silente più di un giorno che muore,
riportarle come solchi
che han dato spazio alla terra,
sotto i miei piedi nudi.
Io l’ho avvertito ad ogni mio passo,
questo petalo inzuppato,
schiacciato come palpebra
schiusa al mondo,
femmina del giardino che mai colsi;
l'odore profumato del tuo ricordo
è un passo alternato ad un altro,
che si mischia alla natura del mio errare
per essere fedele sempre a te,
compagno senza tono
della mia solitudine,
amore mio!.

Immagine dal web: Lucio Battisti/album "Pensieri e parole/Insieme a te sto bene" - 1971 (c)

Matilde Marcuzzo ©

La notte del giorno

Lasciami affondare 
nelle risate ripide di questa montagna, 
guardare negli occhi il ruscello che sgorga 
sereno per non rasentare il domani.
Sogniamo tutti di leggerti
e tu non sai
chi ha avvitato il sole
in questo lucernario di cielo
che sputa il dolore...
Quanta notte
ingoia il giorno,
io lo so bene,
e collimano i miei ricordi sventrati
nelle tue parole magnifiche,
come il bagliore di un dardo infuocato
che corre su impasti di colori infiniti,
affreschi senza tempo di questi tuoi capelli di paglia.



Immagine dal web: Fabrizio De Andrè/Album "Nuvole barocche", 1969 (c)

Matilde Marcuzzo ©

Lo specchio della sua donna

Ci andavo spesso da bambino,
era come un sostare su di un passaggio magico,
di pastelli impastati con colori sinuosi,
diacronie di chiaro scuro,
lo strumento più abile della natura che si beava 
creando scenari di vita e mi donava i sapori dei sogni,
in bilico sulla grande superficie dello specchio dolce.

Tutto, intorno, aveva un segreto per me,
la costa di fronte, l'uccello sulla boa poco distante,
il mio piede nudo fra i cerchi dell'acqua parlante.
Creavo dischi pensierosi che si espandevano come delle eco
mute sino all'approdo del vecchio ponte blu.

Ti incontrai su una barca.

La prima volta, ti vidi posata
come stella marina dondolante sul morire del sole;
una mano gentile porgevi alle vesti del vento
e creavi spazi tra le aree disegnate
a mò di walzer in quella torbida riva,
quella mia terra tremula che amava già,
e disperatamente il tuo fiore campestre tra i capelli,
il tuo nome sconosciuto come un testamento di eterno.

.

Immagine dal web: Chopin Waltzes - Vlado Perlemuter/piano
(1960's UK Concert Hall label stereo vinyl LP)

Matilde Marcuzzo ©
 —

giovedì 12 giugno 2014

La goccia del pensiero sano e gaio


La mia mente è una innominata ombra sul muro,
i miei discorsi sono gocce profonde
come il tuono all'imbrunire
e in cui la ragion veduta, danza fluida e ride
nel momento del dubbio incipriato di sè.

Immagine dal web

Da una ispirazione tratta da F. Chopin - "la goccia"/prelude n°15

Matilde Marcuzzo ©

mercoledì 11 giugno 2014

Fuga in casa mia

Siamo soli, morenti, la speme è ghiacciata;
sopravvivere, cercare coraggio nelle tasche 
per non perdere fiato, 
tra la amara voragine dell'abbandono.
Sbircio il cielo sempre uguale, senza nubi,
non mi alzo perchè non porta nessuna novità,
ma accendo l'ultimo cero,
spargo le poche cose rimaste per cibarmi e con la sigaretta lenta,
perdo saliva e aspirazioni epiche di una volta,
mi sfioro il ventre troppo dolente
supplicando me stessa che sopraggiunga, prima o poi,
il menarca della salvezza.
E sono sbarre, queste mie ossa che ostacolano la fuga,
ragnatele, questi miei pianti che ostacolano l’oblio
del mio malessere, sublime voce pulsa in aria,
nell’idea statica di questa assenza,
muta come un insetto che ha fame
in un fiore rosso come le labbra che non assaporo più.
Vedo solo altre facce, altre bocche,
e le loro espressioni tendono il vissuto sulla strada di tutti
la quale, a sua volta, lancia all'interno un mesto chiacchiericcio
con l'ausilio delle luci del vecchio borgo.
Ma tra il pino e la steppa della brughiera,
il tetto è il mio scudo,
protegge l’esistenza del legionario quieto vivere.
Ecco, il vento ulula tra le fessure, lo sento.
Io sento un lamento con soffi di grappa
che emana torpore nell’eco del vento.
La pioggia batte le sue percussioni sulle tegole,
sono chiusa dentro e il tetto è il mio lucchetto.
Un pensiero unito al centro della camera ermetica,
dove i cuori parlano seduti a tavola,
tra un pezzo di pane e un goccio di vino benedetti,
sembra ripercuotersi fuori, tra gli angoli aperti come ferite,
tra i monti bianchi e vecchi come barbe incolte senza più carezze,
come l'illusione vana del tempo che mangia assieme a me il tuo ritorno.

Immagine dal web: Johann S. Bach: Die Kunst der Fuge – Keller Quartett (ECM New Series 1652)

Matilde Marcuzzo ©

Ti amerò



Ti amerò
perché sono soltanto
un punto minuscolo nell'universo 
ma sento ogni richiamo di vento,
di oceani, di terre disgiunte,
di questa palla rossa
sospesa dai tuoi pensieri
che illumina il giorno
e brucia il mio volto disperato,
consanguineo dei tuoi occhi.

Immagine dal web: Miles Davis “It Never Entered My Mind” from the LP 'Workin' with The Miles Davis Quintet' (Prestige, 1959)

Per il centro accoglienza di Castelvetrano

Matilde Marcuzzo ©

MeBook!: Libera verso - antologia poetica

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MeBook!: I poeti contemporanei -Matilde Marcuzzo - collana n° 54 e n° 128

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MeBook!: Insieme.Autori per la sardegna

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martedì 10 giugno 2014

Non piangete per me

Non piangete per me,

vi ricorderete dei miei capelli nel mondo 
e della mia sagoma tra la gente.

All’altezza dei cannoni, galleggerà una strana diligenza,
più precisa di un mezzogiorno.
Sarà lì per me, passata con ruote modulate
su sassi aguzzi e polveri immobili
di un passo nell’alba in stato interessante.

Ma voi, cetre dei boschi che cantate fra gli stormi nelle fronde,
non piangete per me,
egli non ha mai chiesto perché cristo avesse voluto questo.
Eppure non sono mai venuta a turbare la casa del miglio;
ero nuda fra la sua carne e l’ho amato,
sebbene adornassi già la sua carniera come selvaggina fresca,
ma non avevo più piume per soffiare calore.

Non piangete per me,
le ombre dissolveranno gli anni,
e alla buon ora del mattino, sarò il ripiego delle luci;
egli mi mangerà, forse con delizia amara aspettando la sua fine.

Quel giorno fu lunghissimo per la caccia ,
s’ammassarono le ore fra i sospiri baciati,
e le foglie imprecarono con stanchezza fra i sentieri
di tutto il bene che non gli ho detto.

Non piangete per me,
sono un fantasma rubato all’eterno, al mio ventre incurante
ove si smagano i paradisi perduti
ed egli non è altro che il gitano violento
della mia coscienza impallidita.
Il male si rinserrerà in squallide voci,
quando si sfiancheranno i tuoi bulbi sinceri
e ti riscalderanno le mani.
I fiori porpora di giugno oscillano dai balconi,
e come ero bella a vent’anni, come sono viva,
sono elastico sul tempo,
e come sei forte tu, adesso che senti il profumo di mille battaglie
e il tremore di chi è fin troppo cresciuta.

Non piangere per me,
queste cose che oggi ti spaventano,
e hanno insultato il mio verbo,
saranno l’angolo tuo preferito.

Il viale è alle nostre spalle,
qualche parola e molta diplomazia
seppelliscono qualcosa che c’era sembrato amore.

Immagine dal web: Luigi Tenco - singolo tratto da
"Ti ricorderai di me" - Dischi Ricordi/MRP 9031, 1967, (c)

Matilde Marcuzzo ©

Madre natura


Un pulcino soffice e caldo sotto ali di ferro;
mangiare, poi dormire carezze.
Un insicuro rondinino si affaccia dal nido
sotto occhi protettivi;
planare, poi volare certezze.
Un neonato delfino scivola nella scia di bolle,
di suoni e d'affetto;
respirare, poi sorvolare altezze.
Una donna, una mano gaia d'infanzia,
nastri, profumi e grembiule di scuola;
ricordare, poi baciare le perle,
di mio bene, le più avvezze.

*Auguri mamma* - 11/05/2014

Immagine dal web

Matilde Marcuzzo ©

Disperatamente ad ovest

Se avessi vissuto con me questa morte flettente anagrammi,
se anche tu fossi stato qui a vivere di insulti
quando il cranio del mondo sibilava amori mascherati,
sarei stata felice di guardare la tua espressione in sacrificio.
Avresti provato per una volta anche tu
il sapore di questo fetore preso a cucchiaio d'argento
e mescolato al niente, ai contorni del mio pranzo innocente.
Se tu avessi compreso che la mia sagoma evapora al sole
come una bottiglia stappata nel saloon senza amici,
se tu avessi preso le mie parole dagli occhi muti,
come mandorle tostate per farne ghirlande
di lontananze che non han mai avuto ragione di partire,
io avrei scusato la folle negligenza dell'assurdo
che ha essiccato la mia fiducia come mallo
di una noce abbandonata.
Io avrei per certo congedato le mie paure
a ridosso del tuo mostrarti amante mesto,
ora che invece sei triste, di là, sul divano dell'inezia,
col tuo pugnale lordo di ore spaccate, di sollazzi
e profumi di donne che abitano copiose il fiume
che mi traversò senza appesantirmi oltre i panni bui,
ora che non mi ami più di quando la tua bocca mi toccava,
io potrei anche dirti perdonati e piangimi,
sparami un colpo o vienimi vicino,
parlami e biasimami se ti ho allontanato con isterismi e spettri.
Una donna sa essere il mostro di se stessa
quando ha paura, tu non lo sai;
vieni dunque, voltati, perchè nel tempo che ti ho amato,
io l'ho fatto con la carne,
con lo spirito di chi lancia il suo grido arso nel deserto,
disperatamente,
senza mura sulle quali rimbalzare,
ma perso nelle sabbie di dune infinite,
che prive di marea, non mutano le sembianze.
Disperatamente amami,
qui o all'inferno, cosa importa?

Immagine dal web : C'era una volta il west, 1968, S. Leone

Matilde Marcuzzo ©

Indugia l’oscurità

Donna,
mi ricordo che ti piaceva il mio stato d’inettitudine
dinanzi la stagione di caccia delle infelicità.
Vorrei spedirtelo, è tuo, vorrei lo avessi per ogni evenienza.
Ora chissà, se senti ancora il silenzio?
L’aria qui è ferma, è evaporato il sole.
E’ troppo banale per te? No, e lo sai.
Mi dimentico di dimenticare se mai tu mi avessi cercato,
e straripano in questo letto di pensieri,
le gioie e il sangue, furiosi contro il lampo e il tempo.
Stai china sul precipizio degli occhi, ti vedo quasi,
col tuo calice colmo di battiti, e non bevi.
Che aspetti? T’ho detto, sono qua, io sto svanendo.
Poco resta da dire, la notte scende e ho paura,
tremo sul giaciglio, la luna scoppia e mi impedisce
ancora di morire ma mi danna a questa camera dei supplizi.
Senti la mia voce? Se mi ridestassi,
il cielo potrebbe salutarmi intenso,
e potrei scoprire di aver contemplato ciò la sera prima
della tua partenza, quando, nella stazione della mia
“morta gora”, le visioni del tuo indugiare
erano velate come il mare nell’oscurità.

Immagine dal web: Rita Hayworth & Glenn Ford in "Gilda", (1946)

Matilde Marcuzzo ©
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