martedì 10 giugno 2014

Disperatamente ad ovest

Se avessi vissuto con me questa morte flettente anagrammi,
se anche tu fossi stato qui a vivere di insulti
quando il cranio del mondo sibilava amori mascherati,
sarei stata felice di guardare la tua espressione in sacrificio.
Avresti provato per una volta anche tu
il sapore di questo fetore preso a cucchiaio d'argento
e mescolato al niente, ai contorni del mio pranzo innocente.
Se tu avessi compreso che la mia sagoma evapora al sole
come una bottiglia stappata nel saloon senza amici,
se tu avessi preso le mie parole dagli occhi muti,
come mandorle tostate per farne ghirlande
di lontananze che non han mai avuto ragione di partire,
io avrei scusato la folle negligenza dell'assurdo
che ha essiccato la mia fiducia come mallo
di una noce abbandonata.
Io avrei per certo congedato le mie paure
a ridosso del tuo mostrarti amante mesto,
ora che invece sei triste, di là, sul divano dell'inezia,
col tuo pugnale lordo di ore spaccate, di sollazzi
e profumi di donne che abitano copiose il fiume
che mi traversò senza appesantirmi oltre i panni bui,
ora che non mi ami più di quando la tua bocca mi toccava,
io potrei anche dirti perdonati e piangimi,
sparami un colpo o vienimi vicino,
parlami e biasimami se ti ho allontanato con isterismi e spettri.
Una donna sa essere il mostro di se stessa
quando ha paura, tu non lo sai;
vieni dunque, voltati, perchè nel tempo che ti ho amato,
io l'ho fatto con la carne,
con lo spirito di chi lancia il suo grido arso nel deserto,
disperatamente,
senza mura sulle quali rimbalzare,
ma perso nelle sabbie di dune infinite,
che prive di marea, non mutano le sembianze.
Disperatamente amami,
qui o all'inferno, cosa importa?

Immagine dal web : C'era una volta il west, 1968, S. Leone

Matilde Marcuzzo ©

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